a cura di Claudio Gasparini
Paolo Rumiz è nato a Trieste e quindi vicino alle storie di confine, ai popoli che si confondono e all’Europa cui ha dedicato gli ultimi libri. Il giornalista, viaggiatore, scrittore profondo, attento osservatore della realtà e delle persone, è stato il protagonista dell’incontro tenutosi al cinema Virtus di Sommacampagna dove ha parlato di due libri della sua triologia: ‘Trans Europa Express’ e ‘Canto per l’Europa’. Il primo, anticipatore dell’invasione dell’Ucraina nel febbraio scorso, è frutto di un viaggio lungo la frontiera dell’Unione Europea nel 2008 fatto con mezzi pubblici dove ha incontrato tanta gente sui treni e sugli autobus. «Mi raccontavano cosa succedeva sulla frontiera con il mondo ex sovietico, Bielorussia, Ucraina, Russia. Ho avvertito in queste narrazioni la chiusura progressiva di quest’ultima nei confronti del resto del mondo. Mi sono apparsi chiari i problemi cui saremo andati incontro se avessimo toccato l’Ucraina, che fa da cuscinetto tra noi e la Russia ed è la radice della Russia cristiana. A Kiev c’è stata conversione di massa dei popoli slavi: poi il cristianesimo è andato verso nord e ha trovato la sua terza Roma in Mosca». L’autore fa notare come Krajina è identica a Krajine; erano i luoghi della Croazia che si sono incendiati per primi all’inizio della guerra jugoslava perché anche lì Krajina vuol dire terra di frontiera dove c’era una forte minoranza di serbi. Fuggiti dall’impero ottomano, avevano militarizzato, per conto dell’impero asburgico, quelle terre come fascia di protezione dai turchi e quei serbi sono stati i primi a ribellarsi a Zagabria. Siamo andati a toccare due volte di seguito una frontiera sensibile che ha, guarda un po’, lo stesso nome». C’è un ripetersi dunque della storia «che non ci ha insegnato niente». Nelle varie considerazioni l’autore ha sottolineato «questo è il momento per l’Europa di avere una politica di difesa ed estera unitaria ed autonoma». Ma esiste l’Europa? «C’è e non c’è; è sulla carta, ha una potenzialità enorme che non viene colta. Dobbiamo decidere una volta per tutte se siamo una comunità di interessi o anche di valori. Vanno definiti i rapporti con l’Europa Orientale. Non possiamo ammettere che si consideri la Russia estranea all’Europa. La loro letteratura, la loro anima è vicinissima. C’è anche una cosa che ci unisce, il mito della grande Madre Russia, madre di eroi e di soldati che genera soprattutto uomini che zappano la terra, che la amano e che amano i loro poeti».