A cura di Claudio Gasparini
Federico Zenari dopo la maturità presso il liceo scientifico ‘A. Messedaglia’ ha conseguito le lauree in Lettere e in Scienze dell’Educazione (esperto dei processi formativi) all’Università di Verona. E’ stato educatore in strutture di accoglienza per l’affido familiare, coordinatore presso il centro di accoglienza residenziale Cerris di Verona, portavoce del sindaco di Valeggio sul Mincio, formatore a Padova presso Cises Srl per l’ANCI Veneto. Nel corso degli anni ha acquisito competenze in gestione di progetto, gestione della comunicazione, relazioni pubbliche. Da poco più di un anno è facilitatore di comunità grazie al corso di alta formazione dell’Università di Bologna in ‘Welfare Community Manager. Culture, Modelli imprenditoriali e progettazione di servizi sociali innovativi’. Svolge attualmente questo ruolo a Dossobuono di Villafranca per la Fondazione Piccola Fraternità Onlus e a Verona per i Centri Giovanili don Mazzi SCARL, gestione della comunicazione del progetto di welfare di comunità ‘Abbracci’. Il facilitatore di comunità è una nuova professione del Terzo settore. «Si occupa – spiega Zenari – di progettare un sistema di welfare plurale e reticolare (pubblico, privato e di terzo settore) capace di promuovere innovazioni culturali, economiche ed organizzative per implementare nuovi servizi territoriali. Le competenze richieste sono molte: dalla supervisione di budget, alla capacità di monitorare le fasi di un programma inerente le politiche sociali di un territorio specifico, al coinvolgimento dei partecipanti stimolandoli ad attivarsi in prima persona, alla misurazione dell’impatto sociale dei risultati raggiunti, al reperimento di fondi e sponsor, alla costruzione di modelli organizzativi efficienti e sostenibili da un punto di vista economico, alla capacità di relazionarsi con persone ed organizzazioni. Si tratta, quindi – continua – di una figura intermedia tra organizzazioni già presenti nella comunità con lo scopo di farle lavorare meglio, ottimizzando tempi e risorse. Attraverso capacità di analisi e ricerca sociale che permettono di conoscere le dinamiche sociali in modo approfondito, il facilitatore è in grado di rilevare le criticità ed eventuali mancanze a livello sociale e progettarne le soluzioni, attivando in questo senso la rete di enti ed associazioni già esistente o stimolandone il potenziamento e la trasformazione attraverso metodologie di tipo aziendale, capaci così di attrarre anche le aziende in un’ottica di welfare aziendale. Le aree tipiche di intervento sono le attività di conciliazione vita/lavoro delle famiglie; l’inclusione delle persone a rischio di marginalità sociale, come stranieri, disabili, disoccupati, anziani fragili; la frammentazione delle comunità, dove le persone non si conoscono e riconoscono più; la devianza giovanile».