A cura di Claudio Gasparini
Veronese di origini ha studiato letteratura, storia dell’arte e filosofia. A Milano conosce il pittore Marco Fantini che gli consente di perfezionare un suo individuale apprendistato alla pittura. Vive a Santiago del Cile dove svolge l’attività di coach della nazionale cilena di scherma, continuando a dedicarsi alla sua passione per l’attività pittorica in un originale work in progress monotematico. “Le opere pittoriche di Floriano Guizzardi – pone l’accento il critico d’arte Giusy Calabrò – sono contraddistinte da sagome compatte di personaggi che si stagliano su uno sfondo bruno costituito da piani di luce dal taglio cinematografico in una dimensione realistica percepita dalla lente interiore dell’artista nella serrata combinazione delle modalità del linguaggio pubblicitario. Per lui, ex atleta e istruttore di scherma, è quasi spontaneo e metodico conferire tagli prospettici come se fossero colpi incisivi di fioretto, anch’essi frutto di una profonda e meticolosa riflessione capace di imprimere sulla tela inquadrature prospettiche e luminose dal grande effetto scenografico come se l’occhio della videocamera diventasse quello dello spettatore a sottolineare lo stretto rapporto esistente fra la pittura scarna ed essenziale di Guizzardi con la fotografia e il cinema europeo, inglese e americano. Tale legame rivive innanzitutto nella rappresentazione dei ‘mastini’, poliziotti rudi delineati con dei tratti pittorici accurati e calcolati che riversano nello spazio circostante una sensazione di sospensione spazio-temporale che rende tali personaggi permeati da un sensazione di allusione, vulnerabilità e ambiguità semantica. Le sue opere – continua Calabrò – sono d’ispirazione tradizionale, sia rispetto alla tradizione pittorica europea diffusasi fra le due guerre, sia a quella statunitense in particolare ai dipinti di Edward Hopper. Nell’iconografia paesaggistica si ispira maggiormente alla tradizione inglese di William Turner e alla pittura americana dell’Ottocento che aveva celebrato un paesaggio ‘non europeo’, dotato di un proprio genus loci che si esprimeva attraverso una spazialità infinita, dilatata ed estesa. I protagonisti delle sue tele monocrome si ispirano alle immagini di celluloide del cinema noir classico degli anni Quaranta, Cinquanta e Sessanta, in particolare alla filmografia poliziesca ispirata ai romanzi di Hammett e Chandler, attraverso una chiave illustrativa e psicoanalitica memore dei tagli scenografici e delle inquadrature che rievocano anche le memorabili immagini del cinema d’autore. Osservando i volti dei protagonisti, ma anche lo spazio che li circonda, si avverte la sensazione che stia accadendo qualcosa di misterioso nella loro psiche. Si potrebbe parlare del ‘realismo cinematografico’ di Floriano Guizzardi per il suo linguaggio naturalistico, illustrativo e nel contempo introspettivo. Nelle opere di Guizzardi – conclude Calabrò – è presente un senso di solitudine, malinconia e isolamento dove gli sfondi e i personaggi dei suoi dipinti sono luoghi reali, ripresi dalla vita quotidiana ma che vanno oltre la loro forma concreta trasmettendo un senso di incomunicabilità, pertanto li accomuna anche la ricerca pittorica nell’esplorazione della natura umana”.