Nostra intervista alla stella nascente della cucina italiana
Ciao Matteo, che effetto fa essere uno dei punti di riferimento per la cucina italiana e non solo così giovane? Grandi meriti, portano anche a grandi responsabilità…
Fa sempre piacere sentirsi dire di essere uno dei punti di riferimento per la cucina italiana. In realtà quello che sto cercando di fare in questo momento è di dimostrare a me stesso chi ero, chi sono e cosa diventerò. Sono soddisfatto dei miei traguardi e so che tutto questo è stato possibile grazie alla mia determinazione, alla puntualità e precisione, condita da capacità organizzative ed efficienza sia nel lavoro di squadra che individuale, assieme a un grande senso di maturità poiché gestire e mandare avanti nella vita una qualsiasi attività indipendentemente dalla cucina o da qualsiasi altro lavoro, ci vuole molta passione e forse è quella che mi ha portato a diventare così grande in così poco tempo.
Le tue origini tra Nord e Sud, derivanti dal mix della tua famiglia, sono state importanti per concepire il tuo modo di fare cucina. Come definiresti la tua cucina?
La mia cucina parte da un concetto di base molto semplice: la qualità. Ogni volta che cucino per un cliente la domanda che mi faccio sempre è: questo piatto lo mangerei io? In questo modo mi impegno a curarlo al massimo in ogni minimo dettaglio. Per me è fondamentale che la mia cucina sia perfetta innovazione senza mai mancare di rispetto alla tradizione del prodotto perché penso sia indispensabile l’equilibrio essenziale di un buon piatto ovviamente anche bello da vedere, ‘anche l’occhio vuole la sua parte’.
So che la tua passione per la cucina, nasce grazie al rapporto con i nonni materni. Ti va di raccontarci qualcosa?
Non sono figlio d’arte, i miei genitori non sono ristoratori, ma la mia prima insegnante in cucina è stata mia nonna Rita che con comprensione amore ha saputo accompagnarmi in questo mondo e trasmettermi la sua passione. Oltre alla nonna, ad esempio, potrei dirti che per me è stato di grande ispirazione anche il nonno Antonio. Perché è sempre stato un animo particolarmente generoso e credo che in cucina sia molto importante la generosità.
C’è un piatto in particolare a cui sei legato? E perché?
Sono legato a tutti i miei piatti, da quello più semplice a quello più complesso, questo perché sono fatti tutti con amore. Sarebbe difficile sceglierne solo alcuni, offenderei gli altri. I miei piatti raccontano di me, della mia infanzia e delle mie esperienze, di quei giorni che a differenza dei miei coetanei spensierati passavo in cucina stando ore ed ore a elaborare e inventare, sapendo che era quello il mio destino perché nessun lavoro pesa si è fatto con passione.
Cos’è secondo te ciò che contraddistingue la cucina italiana dalle altre?
Partendo dal presupposto che qualsiasi cibo cucinato con passione è buono, indipendentemente dalla parte del mondo da cui proviene, credo che l’Italia in questo percorso sia riuscita a distinguersi negli anni in un’eccellente esportazione di tutti i suoi ‘piatti capisaldi’ della cucina italiana, esaltando le sue tradizioni con un pizzico di innovazione ma soprattutto con l’aggiunta di passione che solo noi italiani sappiamo trasmettere al mondo.
Quali sono i tuoi progetti futuri?
Da buon scaramantico non ti svelo nulla di troppo perché sono del parere che i progetti siano un po’ come i sogni: se li racconti poi finiscono per non avverarsi o per far succedere l’esatto opposto. Ti dico che ci sono tantissimi lavori in cantiere, non mi sono fermato un attimo. Ovviamente, tra i vari progetti, non può mancare quello di aprire il mio ristorante quanto prima, per questo sono alla ricerca di un locale da acquistare per dar vita al mio personalissimo ecosistema gastronomico.