Eccellenze agroalimentari anche grazie agli stranieri
Se non ci fossero i lavoratori stranieri anche la provincia di Verona non avrebbe così tante eccellenze agroalimentari. Questo è uno dei dati di fatto emersi lo scorso 2 luglio, nella Biblioteca Capitolare di Verona dove è stato presentato ‘Made in Immigritaly. Terre, colture, culture’, primo rapporto su lavoratrici e lavoratori immigrati nell’agroalimentare italiano. La ricerca è stata commissionata dal sindacato Fai Cisl, è stato realizzato dal centro studi Confronti ed è curato da Maurizio Ambrosini, Rando Devole, Paolo Naso e Claudio Paravati.
L’APPROFONDIMENTO
Nel corso della presentazione, è stato descritto il cambiamento vissuto dall’agricoltura veneta in questi anni. La manodopera che era prevalentemente familiare si è diversificata e la percentuale della forza lavoro straniera è rilevante. In Veneto, sono oltre 500mila gli stranieri residenti, circa il 10,3% della popolazione regionale. Le 82.483 aziende agricole presenti in regione, dai dati dell’ultimo censimento Istat, impiegano oltre 206mila lavoratori, dei quali oltre 91mila sono manodopera non familiare. E di questi, il 37% sono lavoratori immigrati. Il caso degli operai agricoli stranieri in Veneto, affrontato nel report, illustra un quadro complesso e articolato, dove le aziende agricole, nonostante le criticità ancora presenti, dimostrano un impegno significativo nell’assicurare condizioni di lavoro dignitose e tutela per i migranti impiegati. Una dimostrazione pratica che il lavoro agricolo migrante, se gestito con etica e alta qualità, non solo contribuisce al successo aziendale, ma rappresenta un elemento chiave per l’immagine positiva e la competitività nel mercato globale. Il dossier raccoglie dati, analisi e proposte, oltre ad approfondire nove casi studio territoriali, tra i quali l’area vitivinicola della Valpolicella. Una zona dove la manodopera stagionale straniera è circa tre quarti del totale e proviene prevalentemente dall’Africa e dalla Romania. A questi lavoratori, vengono messe a disposizione delle case. E si trovano compromessi positivi per il rispetto dei precetti religiosi in caso di lavoratori di fede islamica. Ma i problemi non mancano. Nonostante la necessità di manodopera straniera, la burocrazia ne ostacola l’arrivo. Ed anche per chi arriva, i guadagni non sono alti. Ciò nonostante, l’esempio veneto rimane virtuoso, come sottolineato anche dal segretario generale di Fai Cisl Veneto Andrea Zanin, il quale ha ricordato l’importanza della bilateralità, citando anche Agribi Verona, che da tempo garantisce strumenti a servizio e tutela dei lavoratori e delle imprese, anche a contrasto di fenomeni di sfruttamento e illegalità. Le conclusioni dei lavori sono state affidate a Onofrio Rota, segretario generale Fai-Cisl nazionale, che ha dichiarato: “È urgente un’assunzione di responsabilità collettiva, che per noi passa anche attraverso il rinnovo dei contratti provinciali di lavoro, vero strumento per garantire giusto salario, sicurezza e regolarità. Nonostante da più parti si denunci la mancanza di manodopera, le stesse imprese non contribuiscono alla chiusura delle trattative di rinnovo, che permetterebbero di rendere più dignitoso il lavoro agricolo e di conseguenza maggiormente appetibile”.